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Villa Selvatico

Sulla sommità dello storico colle di Sant’ Elena, noto anche come monte della stupa per la presenza di un’antica grotta sudorifera che ne deteminò la fortuna, alla periferia sud di Battaglia, si innalza, sapientemente restaurata e incorniciata da splendide piante secolari, la Villa Selvatico – Sartori le cui origini risalgono al 1593.

Per ricostruire la casa padronale viene modificata la struttura stessa della sommità del colle con opere di sbancamento e si presume che, all’ inizio del Seicento, il nuovo complesso residenziale sia già impostato, almeno per quanto riguarda il giardino e la loggia superiore. I lavori proseguono per alcuni decenni finchè ricevono un nuovo impulso dal medico Benedetto Selvatico il quale costruisce nel 1642 la strada che permette alle carrozze di raggiungere la villa, realizza su progetto di Tomio Sforzan l’imponente scalinata e commissiona al vicentino Girolamo Albanese, fratello e collaboratore del celebre Giovan Battista, l’esecuzione delle statue per la scalinata, il giardino e le fontane. Quando Benedetto muore nel 1658, lascia ai posteri un esemplare stilistico originale ed unico, che anticipa i canoni del barocco veneto attraverso ardite ma armoniose fusioni di elementi architettonici medioevali e orientaleggianti.

Il piano nobile della villa viene affrescato completamente tra il 1648 e il 1650: le storie mitologiche della città di Padova sono opera di Luca Ferrari e la decorazione della cupola con la Rosa dei venti è di Lorenzo Bedogni. In un ottagono al centro del soffitto Alessandro Varotari detto il Padovanino (1588-1648) dipinge la Gloria dei Selvatico.

Durante i secoli XVII e XVIII non avvengono mutamenti degni di nota. Ci si limita alla manutenzione e a qualche restauro, come in occasione della tromba d’aria che nel 1689 danneggia la cupola. Nel 1814 le proprietà dei Selvatico sul colle di Sant’Elena vengono acquistate da Agostino Meneghini il quale affida all’ architetto e ingegnere idraulico Giuseppe Jappelli (1783-1852) l’incarico di trasformare il parco, caduto in disordine, in un giardino all’inglese. Mentre ridisegna il parco attorno ai laghetti termali, Jappelli costruisce ex novo le rimesse, le serre, le vasche termali e modifica la testata della scalinata inserendovi motivi neogotici come le arcate ogivali.

All’ inizio degli anni Novanta viene acquistata da Giampaolo Sartori il quale, sotto la tutela del Ministero dei Beni Ambientali, provvede ad un ulteriore, generale restauro del complesso residenziale.

Oggi la villa Selvatico-Sartori è una preziosa e raffinata dimora storica di rara bellezza che ospita nel salone e nel parco rappresentazioni teatrali, convegni culturali e concerti.

Nel 1842 la villa diventa proprietà dei conti von Wimpffen, quindi, nel 1901 del conte Angelo Emo Capodilista e della moglie Emilia dei baroni Barracco. Nel frattempo, gli stabilimenti termali attigui, che già avevano ospitato personaggi illustri come Stendhal e Heine, passano agli inizi degli anni Trenta, insieme con il parco, alla Cassa Nazionale delle Assicurazioni Sociali che, nel 1936, realizza il nuovo stabilimento “Pietro d’Abano”. Dopo la Seconda guerra mondiale la villa viene restaurata dal conte Andrea Emo Capodilista e dalla moglie Giuseppina Pignatelli dei principi di Monteroduni che le restituiscono l’originaria purezza togliendole “ le ingiurie e i danni inferti dalle vicende della guerra”. Trent’anni prima, esattamente il 25 febbraio 1561, la piccola collina, sulla quale esiste da secoli un oratorio dedicato prima a Sant’Eliseo e poi a Sant’Elena, e che è meta di illustri personaggi desiderosi di alleviare con l’acqua termale i propri malanni, diventa proprietà dei fratelli Bartolomeo, Battista, Francesco e Girolamo Selvatico che, alcuni anni prima, avevano già acquisito le valli di Lispida. Nel 1580 vi giunge Michel de Montaigne, alla ricerca della sorgente d’acqua utilizzata per i bagni. Poco più di dieci anni dopo, nel 1593, per volontà di Bartolomeo Selvatico, cavaliere della Repubblica veneta, tutte le proprietà immobiliari dei Selvatico che si trovano sulla collina sono soggette ad una radicale opera di ristrutturazione. Collabora con lui il fratello Girolamo ed il figlio, arcidiacono del Duomo di Padova, che provvede al restauro della chiesetta ultimato nell’autunno del 1596.
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