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Loggia del Capitaniato

Loggia del Capitaniato

Curiosa è la situazione che si prospetta al Palladio nel 1565, quando la sua città lo interpella per un nuovo prestigioso incarico pubblico. Oggetto della richiesta è il Palazzo del Capitanio, detto anche Loggia Bernarda, sede del rappresentante militare veneziano. Luogo dell'intervento è piazza dei Signori, dove l'architetto è ancora impegnato nella direzione dei lavori della Basilica. Raramente capita che un architetto possa misurarsi con se stesso nello stesso luogo a distanza di vent'anni e il Palladio affronta la sfida senza particolari condizionamenti: alla sobria opera degli esordi, la Basilica, sottoposta alla supervisione del suo maestro, Giovanni da Porlezza, egli contrappone una costruzione magniloquente, che rappresenta il punto d'arrivo della sua esperienza nell'architettura di palazzo. L'edificio ci è giunto incompiuto - solo tre delle cinque o forse sette campate previste - ma pienamente espressivo della maturità palladiana. Si tratta di una costruzione basata su un ordine composito gigante esteso sull'intera altezza, commisurato al maggiore sviluppo orizzontale previsto. Al piano terreno si apre un'ampia loggia coperta da una complesso sistema di volte, cui corrisponde al piano nobile un salone di rappresentanza, oggi sede delle riunioni del consiglio comunale. La facciata è ritmata da quattro semicolonne sormontate da giganteschi capitelli corinzi e offre spazio a un'esuberante decorazione in pietra d'Istria, calibrata evidentemente su diverse dimensioni. Oltre a ciò, per cogliere l'originaria idea palladiana si dovrebbero immaginare le semicolonne, apparentemente in mattone a vista, coperte da intonaco bianco, ancora presente in tracce alla base dei capitelli. Discorso a sé merita il prospetto sulla stretta contrà Monte, impostato secondo un ordine minore e configurato con statue, stemmi e decorazioni scolpite come un quadro celebrativo della vittoria veneziana alla battaglia di Lepanto nel 1571. Il lato incompiuto, invece, è stato liberato solo negli anni Trenta del Novecento dagli edifici addossati e portato a dignità con un adattamento lineare ma non per questo indenne da critiche.
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